Cos’è che fa sì che un uomo e una donna sappiano che, tra tutti gli uomini e le donne del mondo, essi si appartengono? Nient’altro che il caso e l’essersi incontrati? Nient’altro che l’essere vivi in questo mondo contemporaneamente? O forse c’è un’anima tra tutte le altre – tra tutti quelli che sono stati vivi, generazione dopo generazione, da un capo all’altro del mondo – che deve amarci o morire? Che, a nostra volta, dobbiamo amare, che dobbiamo cercare per tutta la vita, ovunque e nonostante tutto, fino alla fine?
Una sera mentre sta tornando a casa attraverso Central Park, Eben Adams, giovane e sfiduciato pittore, incontra una bambina vestita in modo antiquato che gioca a campana. Jennie sembra essere lì da sola e per qualche motivo inizia a camminare insieme ad Eben e a parlare con lui. Quando l’uomo le chiede quale sia il suo desiderio più grande, la bimba, in modo candido e misterioso, risponde semplicemente: “Vorrei che tu aspettassi che io diventi grande”. Eben non può certo saperlo, ma da quel momento la sua vita e il suo modo di vedere il mondo cambieranno per sempre e lui scoprirà cosa significa essere un artista e, soprattutto, cosa significa amare. Ritratto di Jennie, capolavoro dimenticato della letteratura americana del Novecento, è la storia meravigliosa di un amore che sfida il tempo e la morte, uno dei romanzi fantastici più originali mai scritti e una toccante riflessione sulla natura dell’amore e sul destino.
Pubblicato originariamente nel 1940, Ritratto di Jennie fu portato al cinema alcuni anni dopo da William Dieterle e interpretato da Joseph Cotten e Jennifer Jones. Sia libro che film ancora oggi mantengono un fascino quasi sovrannaturale, una bellezza fuori dal tempo.