Fassbinder. Migliaia di specchi

“Nel contesto di un decoro che la cultura conformista borghese considerava ancora ineludibile, Fassbinder sembrava davvero uno sciattone, un barbaro, un punk queer e anarchico. In Germania era un personaggio fuori dagli schemi, tra Bertolt Brecht, Sid Vicious e Orson Welles… Dopo quarant’anni l’aura di disordine rimane; non è diventato un’icona lisa né un comodo modello di comportamento. Troppo scapigliato e paradossale. Difficile da canonizzare, difficile da piangere. Difficile da assimilare”

Fassbinder Migliaia di specchi è uno di quei rari libri che, partendo da un soggetto (in questo caso il geniale e controverso regista tedesco autore di film come “Querelle de Brest“, “Berlin Alexanderplatz“, “Un anno con tredici lune“, “Il mondo sul filo e molti altri), si allarga fino ad arrivare a ritrarre un’intera società e un intero periodo – l’Europa tra la fine degli anni Cinquanta e la fine dei Settanta – in un caleidoscopio di significati e di rimandi.

Attraverso una scrittura meravigliosa e spezzata, rivelazioni improvvise, una seducente commistione di biografia e autobiografia, Ian Penman scrive un’opera assolutamente personale, che va oltre ogni categoria. Studio biografico, melodramma urbano, rievocazione dell’Occidente della guerra fredda, del miracolo economico e della paranoia, riflessione sull’arte, il cinema e la sessualità, saggio in frammenti, visione vertiginosa, Fassbinder Migliaia di specchi è uno dei libri più radicali, coraggiosi e affascinanti di questi anni.